DOPO LA PANDEMIA: un pensiero sistemico
A chi ci chiede cosa auspichiamo per il dopo Coronavirus non possiamo che rispondere: tornare alla sobrietà del mestiere e smettere di fare marketing, anche su questa dramma; vale per la politica, per la società e purtroppo anche per la nostra complessa professione.
A chi ci chiede cosa fa TAMassociati non possiamo che rispondere: quello che fa da vent’anni, progettando ovunque ospedali e strutture sociali; lo facciamo anche ora, collaborando, dove possibile e come progettisti, ad affrontare questa crisi. Lo facciamo in silenzio perché in questo momento conta solo la sobrietà dell’azione.
Crediamo però al dibattito sulle idee e vorremmo per questo iniziare pubblicando un bellissimo testo di riflessione, a firma del professor Giuseppe Longhi, per capire le ragioni di ciò che accade, e non ripeterlo.
DUE OPPOSTE CULTURE
Prof. Giuseppe Longhi
Lo storico Carlo Cipolla in “Il burocrate e il marinaio” al capitolo “Due opposte culture”, a proposito della peste del ‘600 ricorda: “Fuori dall’Italia settentrionale i controlli sanitari erano di gran lunga meno rigorosi o addirittura inesistenti, tanto che L’Ufficio di Sanità di Milano aveva stazionato, col permesso degli svizzeri, un commissario ai piedi del Gottardo, a Bellinzona, non fidandosi dei controlli sui movimenti delle persone e delle merci in transito.…….Gli italiani non si fidavano manco dei francesi, degli olandesi e degli inglesi, i quali, come scrive il prof. Slack “non conoscevano precauzioni nei riguardi della peste. A paragone dell’Italia e della Francia, l’Inghilterra era a questo riguardo un paese quanto mai arretrato”…….Nella cultura inglese gli interessi commerciali avevano la precedenza sugli interessi della sanità. Una posizione che dura per tutto il secolo XIX°, Sir John Simon a metà dell’’800 si dichiarava convinto che “la quarantena è inefficace e rappresenta null’altro che un irrazionale sconvolgimento del commercio”.
I pesanti eventi che stiamo vivendo riconfermano dunque strutturali differenze nella visione dei valori che guidano la nostra ampia comunità europea, da una parte la cieca supremazia dei commerci, rafforzata oggi dalla fede illimitata nelle nuove macchine, che, attraverso l’intelligenza artificiale, dovrebbero garantire una crescita economica perenne ed esponenziale, a dispetto di ogni regola di funzionamento della natura, dall’altra una cultura, cui fortunatamente apparteniamo, ancora attenta ai valori dell’uomo e alla conseguente carica di empatia che deve guidare le nostre azioni. Occorre forse osservare che il primato dei ‘Padani’ nel rivendicare con tempestività la supremazia dell’uomo deve essere coniugato al più presto con una maggiore tempestività nel reindirizzamento dei processi sociali, ambientali e tecnologici.
Infatti come chiarisce Jai Ito, direttore del MIT – Media Lab, i valori della finanza sono incompatibili con quelli dell’ambiente, e, quindi occorre avviare meccanismi sociali e di sviluppo in armonia con le scienze della vita e non con gli interessi di pochi.
Infatti, sostiene Ito, giocando sul fatto che il ‘valore’ è espresso da finanzieri e biologi con lo stesso termine ‘currencies’, viviamo in una civiltà in cui le ‘currencies’ primarie sono denaro e potere, dove il più delle volte l’obiettivo è quello di accumulare entrambi a spese della società in generale. Questo è un sistema molto semplicistico e fragile, che non rispetta le regole di funzionamento degli ecosistemi terrestri, in cui miriadi di “currencies” vengono scambiati tra processi diversi per creare sistemi estremamente complessi di input e output che funzionano grazie a sistemi di feedback che adattano e regolano stock, flussi e connessioni.
L’adozione esclusiva di valori guida mutuati dalla finanza, azzerando quelli della biologia, ha spinto molte società e istituzioni a perdere le loro missioni originali. I valori e la complessità si concentrano sempre di più sulla priorità della crescita esponenziale mutuata dalla finanza, con la leadership di entità aziendali a scopo di lucro che hanno acquisito autonomia, diritti, potere e influenza sociale quasi non regolamentate. Una situazione aggravata dall’idea che questo processo sarà accelerato dall’Intelligenza Artificiale, che si fonderà con il cervello umano, per aumentare il potere di poche super imprese.
Di conseguenza l’attuale civiltà umana perde la resilienza dell’ambiente, e deve subire la catastrofe che con immane difficoltà stiamo cercando di contrastare.
La più grande differenza tra le ‘currencies’ in biologia e le ‘currencies’ della finanza è che in biologia non esiste una “valuta principale” o una ” valuta di scambio”. Piuttosto, ogni ‘valuta’ è mirata, può essere utilizzata solo da determinati processi e il “mercato” di queste valute guida le dinamiche che sono la “vita”.
Per rispondere efficacemente alle importanti sfide che dobbiamo affrontare, dobbiamo considerare l’ambiente in cui viviamo come un insieme di sistemi interconnessi, complessi, autoadattivi e ciascuno di noi è partecipe di molteplici sistemi evolutivi con diversi scenari di evoluzione a diverse scale, dai nostri microbi alle nostre identità individuali, alla società, alle nostre specie. In sostanza noi stessi siamo sistemi composti da sistemi di sistemi, con le cellule nei nostri corpi che si comportano più da progettisti di sistema di quanto facciamo noi.
La visione biologica dello sviluppo sollecita le nostre qualità di progettisti, con una crescente consapevolezza che le nuove macchine di cui disponiamo, specie quelle cibernetiche capaci di alimentare i nuovi sistemi ’aumentati’, devono avere obiettivi e metodologie definite dalle esigenze di evoluzione dei nostri contesti biologici e sociali.
Passata l’emergenza dobbiamo con urgenza cambiare il nostro modello di sviluppo, pensando un sistema che integri esseri umani, ecosistemi naturali e macchine – non dobbiamo puntare all’intelligenza artificiale, ma all’estensione dell’intelligenza.
Come sostiene Jai Ito, noi umani, come componenti e progettisti del sistema, dobbiamo mettere in discussione ed adattare i nostri scopi e la nostra sensibilità adottando un approccio molto più umile: l’umiltà deve guidare il nostro sviluppo.
Photo: courtesy of Massimo Grimaldi